Fonte: teraplan.it

10 domande frequenti sul Lead Nurturing

10 domande frequenti sul Lead Nurturing

Il Lead Nurturing è una tecnica nata in ambito B2B ed ha segnato in pratica la nascita della Marketing Automation, rispondendo alla necessità di facilitare le risorse commerciali nella gestione del ciclo di vendita: i contatti venivano “alimentati” con informazioni mirate ad accrescerne la consapevolezza ed orientarli alla decisione di acquisto; una volta “maturi”, e solo allora, un venditore se ne prendeva carico.

10 domande frequenti sul Lead Nurturing

La tecnica del Lead Nurturing, tuttavia, è valida anche in ambito B2C e persino nell’eCommerce. Come mai? Anche i consumatori vanno “educati” a percepire il valore della proposta ed a comprendere meglio il problema al quale presentiamo una soluzione.


Secondo Marketing Donut, solo il 2% di chi visita il sito web aziendale è pronto per l’acquisto al primo contatto; la domanda è: cosa succede al rimanente 98%?


Purtroppo, però, c’è un’abitudine abbastanza diffusa tra chi si occupa di marketing – ed è un’abitudine sbagliata: si dà maggiore enfasi all’acquisizione di nuovi contatti rispetto al prendersi cura di quelli esistenti. Questo significa che ci si dà parecchio da fare per acquisire un lead, salvo poi dimenticarselo non appena il suo indirizzo email viene caricato nel database.

Quello che succede dopo, è che questo indirizzo viene incluso in una campagna email indifferenziata, in cui si trasmette un messaggio che va bene per tutti e non si tengono in nessun conto le preferenze personali – il che è comodo, ma poco efficiente.

Come cambiare le cose? La risposta giusta sta nel Lead Nurturing che, nel caso del B2C (ma anche del B2B) è un modo per intavolare un discorso personalizzato e rilevante con gli interlocutori, somministrando informazioni in funzione del grado di coinvolgimento e dell’interesse riscontrati nei differenti contatti.

Perdere i lead

Il destino di quel 98% di contatti che non sono ancora pronti per comprare alla loro prima visita è che, per la maggior parte, andranno perduti – ovvero non saranno più di alcuna utilità né per l’azienda né per il marketing. Il termine “lead leakage” (perdita dei lead) sta esattamente ad indicare il principale ostacolo nell’ambito del percorso d’acquisto (buyer’s journey): alcuni potenziali clienti vengono ignorati dalla comunicazione di marketing e, mancando di una sufficiente motivazione, evitano di compiere il passo successivo; a questo punto, o perdono interesse o se ne vanno (opt-out). Probabilmente, nel marketing database di parecchie aziende ci sono molti contatti che hanno ricevuto numerose email nel tempo e che non hanno mai comprato nulla, anche se risultano ancora iscritte alla ricezione di materiale promozionale.

Come recuperare questa audience potenziale? Con un programma di Lead Nurturing: un’iniziativa mirata a informare e formare coloro che inizialmente manifestano un minimo di interesse, così da accrescerlo. Il Lead Nurturing si rivolge proprio a quel 98% che non è ancora pronto per l’acquisto e si rivolge loro presentando stimoli ed approfondimenti che consentano di rinforzare la motivazione e di acquistare fiducia nel brand.

1. Cos’è il Lead Nurturing?

E’ una campagna prettamente informativa (in inglese si utilizza addirittura il termine “educational”, educativa – proprio ad indicare il lavoro che si cerca di fare sulle persone) mirata a colmare l’iniziale divario tra interesse e precisa volontà di acquisto.
Nel B2B si tende a preparare il terreno per le forze di vendita informando coloro che, a vario titolo, sono coinvolti nei processi di acquisto dell’azienda cliente; oggi tutti cercano sul web le possibili soluzioni alle più diverse esigenze, quindi è necessario fornire risposte rilevanti e motivazioni solide per poter vendere.
Ma questo stesso concetto si applica anche all’eCommerce, magari per dimostrare – ad esempio – che un prodotto naturale costa di più, ma presenta parecchi vantaggi sia per il consumatore che per l’ambiente.

Una ricerca di Annuitas ha mostrato che i lead “nutriti” spendono mediamente il 47% in piùdi quelli su cui non viene effettuata alcuna attività di nurturing. D’altra parte è evidente che la gente è più disposta a spendere i propri soldi se comprende il valore di ciò che compera: “educare” i potenziali clienti a riconoscere i punti qualificanti dell’offerta significa incrementare il fatturato.

2. Il Lead Nurturing è un’attività di vendita?

Certamente no, e dovrebbe essere abbastanza chiaro il perché.
Durante questa fase, lo scopo è quello di sviluppare una relazione e condividere informazioni; introdurre la proposta di acquisto troppo presto potrebbe interrompere il processo e non dare al contatto il tempo necessario per “maturare”, ovvero per far crescere la sua consapevolezza del bisogno e la confidenza nel fatto che la soluzione proposta è la migliore opzione.

Tuttavia può succedere che i potenziali clienti diventino clienti effettivi prima di quanto ci si aspetti; in questo caso bisogna essere pronti a gestire la situazione, magari impostando degli avvisi automatici se l’utente manifesta una precisa volontà di concludere.

3. Le forze di vendita possono aiutare il marketing?

Sicuramente sì!
I venditori sanno cosa chiedono le persone, cosa non riescono a trovare, quali sono le loro esigenze ed i loro problemi; accedere a queste informazioni di prima mano è utilissimo per progettare le campagne e per scegliere gli argomenti giusti da affrontare.

Il fatto di essere esperti nel proprio campo (ed i marketer generalmente lo sono), a volte impedisce di cogliere aspetti interessanti della realtà o di osservarla da prospettive diverse– magari quella delle persone “comuni”; per questo motivo è importante il confronto con i colleghi, ma anche una “full immersion” nel mondo reale, partecipando ad esempio a discussioni sui forum o leggendo i post pubblicati sui social media.

4. Come scegliere cosa includere nelle campagne di Lead Nurturing?

La prima cosa da fare è capire che cosa cercano i potenziali clienti. Oltre a quanto detto nel punto precedente, è utile anche sfruttare le funzionalità analitiche delle piattaforme di automazione per comprendere quali sono i post più lettile pagine più visitate, cosa genera più traffico e dove vengono lasciati più commenti.

E’ molto efficace anche includere nel materiale dei casi di successo: il parere positivo di chi è già cliente influisce parecchio sulle decisioni di acquisto, purché le testimonianze riportate siano non solo credibili ma anche verificabili.

Tuttavia occorre essere chiari: il Lead Nurturing non consiste nel riproporre i contenuti più popolari (o anche più utili) presenti nelle varie piattaforme web gestite dalla propria azienda, deve invece essere focalizzato sul percorso d’acquisto e riflettere ciò che sappiamo in merito ai potenziali clienti, ai loro dubbi ed alle loro domande. In fondo si tratta semplicemente di aprire la strada per le vendite, quindi va incluso non solo ciò che potenzialmente potrebbe essere utile ma, soprattutto, ciò che occorre affinché la vendita possa concretizzarsi.

5. E’ possibile utilizzare i post sul blog aziendale nel Lead Nurturing?

Sì!
Purché i contenuti non siano solo per gli esperti e rispondano alle esigenze e curiosità dell’utente medio. Se necessario, si può prendere spunto dai blog ma poi modificare o aggiornare i contenuti come necessario.

6. Quando iniziare?

Il prima possibile. Prima si interviene con il Lead Nurturing, più si solletica l’interesse dell’audience finché le persone sono ancora ricettive.

7. Lead Nurturing omnicanale: di cosa si tratta?

Il Lead Nurturing è una questione di “formazione”; anche se l’email sembra essere il mezzo più appropriato per questo tipo di comunicazione, a volte non produce i risultati attesi e, perciò, occorre affrontare il pubblico in modo diverso – oppure c’è semplicemente bisogno di interagire con la propria audience in modo tale da rendere più efficace il messaggio che proponiamo.

Pensiamo ai social media; Facebook può essere una piattaforma perfetta per il Lead Nurturing, purché i destinatari della comunicazione siano selezionati in modo preciso (ad esempio integrando Facebook Ads e Custom Audience con una piattaforma di Marketing Automation).

Quando si raggiungono i potenziali clienti con un canale diverso dalla posta elettronica, essi tendono a reagire in modo differente: il brand diventa in qualche modo più familiare – e questo di riflesso, tenderà ad incrementare la percentuale di email aperte e lette. Una campagna effettuata sui social media può anche essere utile per raccogliere ulteriori indirizzi email e rinforzare gli effetti delle campagne tradizionali.

8. Cosa occorre verificare?

Come in qualsiasi altra campagna, anche per le iniziative di Lead Nurturing bisogna effettuare dei test che riguardino tutte le aeree di intervento: email, landing page ed altri contenuti (come i banner da pubblicare su Facebook).

A volte capita che soltanto un singolo messaggio non funzioni bene come gli altri e richieda, perciò, una revisione; in altri casi, invece, può essere l’intero set che ha bisogno di essere messo a punto.

9. Quali metriche vanno utilizzate per valutare le performance del Lead Nurturing?

Le metriche più indicate a valutare il successo di una campagna di Lead Nurturing sono:

  • Unsubscription rate – percentuale di utenti che effettuano l’opt-out, ovvero che si cancellano dalla lista di distribuzione
  • Open Rate (OR) – la percentuale di email aperte rispetto al totale delle email inviate ed arrivate ai destinatari correttamente
  • Click-Through Rate (CTR) – la percentuale di email all’interno delle quali l’utente ha effettuato un click rispetto al totale delle email recapitate; questo parametro indica anche il rapporto tra numero di click effettuati ed il numero di “impression”, ovvero il numero di volte in cui un banner pubblicitario viene esposto
  • Lead Scoring (il punteggio assegnato a ciascun lead in base alle sue azioni rispetto agli stimoli ricevuti) – occorre osservare questo valore prima e dopo la campagna; di solito dovrebbe incrementare, rivelando cioè un maggior coinvolgimento dei contatti
  • Lunghezza del ciclo di vendita – si tratta del tempo medio che intercorre tra la manifestazione di un bisogno e la decisione di acquisto; il programma di Lead Nurturing dovrebbe ridurre questo intervallo di tempo e, se ciò non avviene, significa che non sta funzionando in modo ottimale
  • Revenue per customer (o anche ARPU, fatturato medio per utente) – come abbiamo già ribadito, i clienti che hanno ricevuto un intervento formativo o che sono stati “nutriti”, dovrebbero comprare di più o “meglio” (ad esempio scelgono le versioni più complete dei prodotti); anche in questo caso, se tutto va come ci si aspetta, l’indicatore dovrebbe misurare un incremento dei profitti

10. Quando termina il Lead Nurturing?

Il Lead Nurturing non va limitato alle campagne di prevendita anzi, l’ideale è estenderlo ai clienti effettivi, magari per informarli di nuove funzionalità o ulteriori prodotti.

Infine esistono altri ambiti di applicazione delle tecniche di Lead Nurturing; trattandosi di comunicazioni mirate ad informare ed educare, si possono indirizzare anche ai nuovi assunti in azienda – parte dei contenuti, infatti, possono essere utili a far comprendere alle “matricole” l’offerta e le sue peculiarità, vantaggi e caratteristiche distintive (ma il tutto può essere anche utilizzato per comunicare i valori del brand nonché le regole della vita aziendale ed utili suggerimenti su come “navigare” nell’impresa).

 

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