Fonte: fabiopelle.com

LA DISTRIBUZIONE NEL MARKETING

LA DISTRIBUZIONE NEL MARKETING

Cosa succederebbe se il prodotto migliore del mondo non avesse un posto dove essere distribuito?

I canali distributivi sono le modalità con le quali il prodotto esce dall’azienda e arriva in mano all’acquirente che ne farà uso.

Sono flussi di beni e servizi da chi li produce a chi se ne serve, li consuma, passando per una serie di intermediari che possono essere agenti/broker, grossisti, dettaglianti, distributori o concessionari.

 

L’INTERMEDIARIO

Pensiamo se un’azienda dovesse distribuire da sola a tutti i suoi consumatori il proprio bene, che costi potrebbe avere?
Pensiamo ad esempio Coca-Cola, se dovesse distribuire miliardi di lattine all’anno ad ognuno dei suoi consumatori.
Dovrebbero quantomeno aprire un’altra azienda parallela solo per organizzare le spedizioni.


L’intermediario è colui che minimizza le relazioni tra impresa e consumatori, rendendo la vendita dei prodotti dell’impresa più efficiente.


Coop è un intermediario in Italia per Coca-Cola, poiché distribuisce le lattine e bottiglie del prodotto a tutti i consumatori che fanno accesso ai suoi punti vendita.

Funzioni dell’intermediario:

  • Transazionale: si assume il rischio delle transazioni, acquistando dall’azienda e rivendendo a spese sue il bene.
  • Logistica: raccoglie, stocca, distribuisce il prodotto.
  • Di agevolazione: facilitano l’incontro tra domanda e offerta aiutando i produttori a trasferire a clienti la comunicazione.

 

CANALI DISTRIBUTIVI

  • Canali diretti: il consumatore si approvvigiona direttamente dal produttore, senza intermediari.
  • Indiretti: canali che prevedono l’esistenza di almeno un intermediario. Auchan, Esselunga o Coop sono canali indiretti quando da loro acquistiamo una Coca-Cola.
  • Marketing elettronico: la rete è il luogo d’incontro tra domanda e offerta. Possono essere diretto o indiretti, poiché l’azienda può vendere attraverso internet ma anche Amazon può vendere gli stessi beni dell’azienda, fungendo da intermediario.
  • Direct Marketing: vendita per corrispondenza, teleshopping o media interattivi.
  • Grossisti: aziende indipendenti che acquistano la proprietà della merce e la distribuiscono.
  • Agenti: rappresentanti che si occupano della vendita su un territorio per il quale hanno l’esclusiva. Possono essere monomandatari (solo per quell’azienda) o plurimandatari (vendono più marchi).
  • Broker: soggetti che hanno lo scopo di far incontrare domanda e offerta. Non devono avere un rapporto continuativo con l’azienda: negoziano il contratto e passano ad un altro incarico.

 

SCELTA DEL CANALE

Perché le aziende scelgono un canale anziché un altro? E perché oggi, che è potenzialmente alla portata di tutti, non fanno tutti e-commerce?

  • Fattori ambientali: fattori legati all’ambiente attorno all’impresa. In alcuni contesti è difficile penetrare il mercato se non una determinata distribuzione.
    Tupperware ha affiancato alla vendita tramite rappresentanti porta a porta dei chioschi nei centri commerciali, dovuto al fatto che l’evoluzione abbia portato la donna sempre più vicina al lavoro e a muoversi fuori casa.
  • Tipo di consumatore: scoperto quale sia il segmento obiettivo serve capire come esso si muove, l’accesso che abbia all’informazione, alla tecnologia e ai punti vendita.
    Aziende che fanno profumi e hanno target abbastanza avanti con l’età, non hanno consumatrici che si affacciano così sovente al commercio elettronico, preferiscono la boutique e la negoziante di fiducia che consiglia loro i prodotti.
  • Ragioni legate al prodotto: prodotti sofisticati richiedono una distribuzione che favorisca la divulgazione delle informazioni. Un nuovo tipo di cellulare ha bisogno di personale formato nel punto vendita che ne spieghi il funzionamento agli avventori.
    Beni più semplici e standardizzati come gli alimenti non richiedono certo canali diretti e controllati.
  • Ragioni legate all’impresa: se un’impresa da sola non è capace di formare una sua forza vendita deve ricorrere a canali indiretti. Mettersi a fare un e-commerce per vendere decine e decine di occhiali al giorno, prevederne lo stoccaggio, ingegnerizzare un sistema elettronico, non è così semplice se si desidera vendere molti prodotti, con i problemi che possono nascere poi con chi si occupa di vendita indiretta che sarebbe contrario.
  • Strategia di mercato obiettivo.
    • Distribuzione intensiva: penetrare il mercato con maggiori punti vendita possibili.
    • Esclusiva: l’esatto opposto. Rendere il bene disponibile in un numero limitato di punti vendita, come le grandi griffe fanno con i propri negozi monomarca.
    • Selettiva: a metà strada tra i due. Vengono selezionati alcuni negozi in modo che questi garantiscano qualità nel servizio.

 

IL RETAIL

Importantissimo nel marketing è appunto il punto di incontro, fisico o virtuale che sia tra la domanda e l’offerta.

Vi sono tre tipi di retail:

  • Indipendenti: negozi con un unico punto vendita che ha un assortimento di beni solitamente limitato. Questa tipologia è composta da negozi piccoli, spesso a conduzione familiare, con politiche commerciali semplici.
    Un bar che fa cioccolate, è per Lindt un retailer indipendente.
  • Succursalisti: grandi catene commerciali, identificate spesso come grande distribuzione.Centralizzano le funzioni e godono di potere contrattuale con le imprese che producono i beni. Sfruttano le economie di scala nei grandi volumi.
    La Coop che vende prodotti e cioccolate Lindt, è un succursalista.
  • Affiliati. La variante più comune è il franchising. Il franchisee, colui che gestisce il punto vendita, segue le direttive de franchisor, ossia l’impresa centralizzata a monte.
    Il franchisee accetta determinate direttive e una minore imprenditorialità per seguire le istruzioni dell’impresa, offrendo una tassa. L’impresa si occuperà di tutta una serie di operazioni quali comunicazione, offerte, allestimenti, eccetera, a seconda delle condizioni del franchising.
    Una persona che decide di investire e aprire un negozio monomarca Lindt e si affida all’azienda per costruire assieme a lei in questa royalty, è un affiliato.

 

LA CONSUMOSFERA

La consumosfera è il luogo/non-luogo dove il consumatore amplifica al massimo le sue competenze consumistiche.

Un ambiente curato nell’allestimento, con musica, profumi e sensazioni creano l’insieme di sensazioni che vanno a creare la consumosfera.

Un negozio di Abercrombie, con le particolari accortezze che gli sono date, ha la capacità di immergere il consumatore in un contenitore pregno di valori, che gli permettono di esprimere al meglio le sue capacità. Consumosfera – Mauro Ferraresi

 

IL NON STORE RETAILING

Il non store è l’entità non fisica o dove avvenga un’interazione di commercio diversa da quella di punto fisico e statico di vendita:

  • Distributori automatici.
  • Vendita per corrispondenza per catalogo. Si è usata per abbonamenti, riviste o prodotti alimentari di alta qualità come olio o vino.
  • Vendita televisiva. Esistono canali che fanno pubblicità 24 ore al giorno, e spesso negli orari strategici le aziende che la praticano comprano spazi anche in reti primarie.
  • E-commerce. Permettere 24 ore su 24 ai consumatori di acquistare un bene e riceverlo all’indirizzo che specificano è la forma di vendita che ha senz’altro cambiato i consumi in questi ultimi anni.
    Internet permette l’acquisto di ogni cosa, dai prodotti digitali a quelli fisici.
    In modo analogo, alcuni marchi automobilistici permettono, se non ancora l’acquisto di un veicolo on-line, la personalizzazione di quest’ultimo volto all’acquisto.
  • Vendita telefonica. Può sembrare storia degli anni ’90, eppure, non per prodotti fisici, quante volte non la sentiamo per abbonamenti telefonici, assicurazioni o tariffe dei servizi?
  • Porta a porta. Come per Avon, il porta a porta è stato il suo punto di forza nonché di successo. Con porta a porta includerei anche la distribuzione di network marketing.
(Visited 1.458 times, 1 visits today)

Tags: ,