Il Public speaking
Chi pensa che per parlare efficacemente in pubblico sia sufficiente possedere una buona padronanza della parola, sta vedendo solo la punta dell’iceberg.
Sicuramente sapersi mostrare allegri e disinvolti, oppure autoritari e compassati, gestire le pause, evitare di gesticolare a sproposito – e tante altre cose – è assolutamente utile.
Ma, come in una rappresentazione teatrale, la preparazione prima di “salire sul palco” è assolutamente fondamentale. Gli oratori più efficaci passano attraverso una lunga fase di preparazione prima di “andare in scena”.
L’improvvisazione quando si parla in pubblico è sempre rischiosa, sia per la possibilità di non rispettare i tempi, sia per il rischio di perdere il filo del discorso, di dimenticare qualche argomento o di non essere pronti a rispondere a eventuali domande.
Prepararsi bene significa anzitutto conoscere preliminarmente:
- l’obiettivo dello speech: persuadere, modificare un comportamento, informare…
- l’audience a cui ci rivolgiamo: chi sono, quanti sono, la loro età, il loro livello socio-culturale…
- perché sono intervenuti: convocazione forzosa, invito, partecipazione o iscrizione spontanea…
- chi siamo noi rispetto a quell’audience e cosa rappresentiamo: un relatore esterno, un collega, un capo, un venditore…
- quali strumenti di supporto potremo utilizzare: slides, video, flipchart…
- quanto tempo avremo a disposizione
- se parleremo prima o dopo qualcuno, e cosa dirà
- se ci sarà interazione con i partecipanti
- altri elementi di contorno che contribuiscono a determinare l’efficacia complessiva dello speech: la location, l’ora e la data, cosa precederà e seguirà il nostro speech…
Una volta raccolte tutte queste informazioni, potremo passare alla fase di preparazione del nostro discorso (logos), seguendo delle linee guida che stanno alla base delle teorie sull’argomentazione:
- ricerca delle informazioni
- relative al discorso in sé
- relative agli elementi di contorno che influiscono sull’argomento (storia pregressa, concorrenza…)
- organizzazione del discorso (introduzione, argomentazione, chiarimenti, conclusione)
- articolazione secondo lo stile di presentazione adeguato per l’argomento, l’obiettivo e il target
Occorre prestare attenzione al fattore emotivo (pathos), sfruttando la nostra credibilità personale (ethos).
Solo una volta curati tutti questi aspetti potremo passare a memorizzare e provare il nostro discorso. Pensare di poter improvvisare sulla base di un canovaccio è dote propria solo di un ristretto numero di talenti naturali…
Occorre anche stare attenti a non imparare a memoria, ma seguire invece la traccia del nostro script, pronti ad apportare modifiche in tempo reale e a gestire eventuali momenti di stress.
Per quanto riguarda l’erogazione vera e propria dello speech, entrano in gioco numerosi elementi relativi alla comunicazione interpersonale:
- la voce, declinata nei suoi vari aspetti
- la postura
- la distanza
- il contatto visivo
- il movimento
- la gestualità
- altri segnali del corpo
Il relatore dovrà padroneggiare tutti questi elementi per ottenere dal suo discorso quella efficacia che la pura argomentazione del messaggio verbale da sola non può assolutamente ottenere.
Da ultimo, per garantire una buona efficacia dello speech, esistono alcuni accorgimenti che aiutano l’oratore a gestire e minimizzare lo stress:
- tecniche di rilassamento
- saluti preliminari
- frasi rompighiaccio
- altri piccoli espedienti
- un canovaccio sott’occhio
Il buon oratore sa che non deve imparare il suo discorso a memoria. Le prove servono per memorizzare un percorso lungo il quale dovrà sentirsi in grado di deviare, divagare, improvvisare con buona disinvoltura.
Al di là di ogni elemento di dettaglio, quello che deve comunque risultare chiaro a chiunque desideri essere efficace nel tenere un discorso in pubblico è che la fase di preparazione e quella di erogazione non sono soltanto strettamente connesse, ma parimenti indispensabili per ottenere il risultato finale.
La preparazione contribuirà a generare il “logos” del discorso, ossia la correttezza delle nostre argomentazioni. L’erogazione genererà il invece il “pathos”, cioè il coinvolgimento emotivo di chi ascolta.