Fonte: teraplan.it

Marketing Automation: non fermiamoci al primo errore

Marketing Automation: non fermiamoci al primo errore

Chi non ha mai fatto un errore in vita sua alzi la mano… Ma c’è anche il proverbio che dice: “sbagliando s’impara”.

Sbagliare è normale, purché non sia un fatto sistematico; infatti i nostri errori ci insegnano molto più dei successi: mettono in evidenza limiti e convinzioni errate, ridimensionano il nostro ego, accrescono l’esperienza, ci fanno capire le strade che non portano a nulla e ci stimolano a migliorare.


Anche nella Marketing Automation non bisogna dare nulla per scontato, tant’è vero che a volte sono le cose più ovvie quelle in cui si rischia di sbagliare, magari per fretta o per pigrizia


 

Sì, perché un errore non è una condanna senza appello; dunque non bisogna fermarsi davanti né alla prima difficoltà né al primo sbaglio, ma trasformare questi eventi apparentemente solo negativi in una nuova opportunità.
Tant’è vero che oggi, anche nelle aziende, si inizia ad accettare l’errore non come un male necessario ma come uno strumento di apprendimento fondamentale. Questo però non ci giustifica, tanto meno se gli sbagli continuiamo a ripeterli; una cosa intelligente, invece, è imparare anche dagli errori degli altri per risparmiare tempo e fatica.

La Marketing Automation ha in serbo molte promesse ma, più spesso di quanto si possa immaginare, gli investimenti non producono gli effetti sperati – magari solo perché gli strumenti non vengono utilizzati al pieno delle loro possibilità.
La verità è che, naturalmente, anche nell’implementare l’automazione, si commettono errori; in questo post ne prenderemo in esame 3 piuttosto comuni e vedremo come sia possibile evitarli.

Errore # 1 – Non segmentare le liste di indirizzi email

A volte si sbaglia perché ci si aspetta troppo dall’automazione, altre volte perché non la si impiega correttamente o solo parzialmente. Il primo errore è molto frequente e potrebbe ridurre di molto l’efficacia delle campagne di marketing. Chi lo commette ritiene magari che la segmentazione sia un compito difficile, che richiede uno studio attento dei contatti per evidenziarne le caratteristiche peculiari, oppure è dell’idea che differenziare gli invii di email per categorie di destinatari sia un compito inutile: l’importante è avere tanti indirizzi.

In realtà, uno dai maggiori vantaggi offerti dal marketing mix moderno, è proprio la possibilità di personalizzare il messaggio e presentare i contenuti a chi riteniamo possa esserne maggiormente interessato – evitando sistematicamente una comunicazione troppo generica ed indifferenziata che rischia di risultare irrilevante ai più.

Secondo uno studio condotto dalla Direct Marketing Association, infatti, le email segmentate ed opportunamente mirate all’audience più adatta, contribuiscono – da sole – fino al 58% del fatturato generato grazie alle attività di marketing. Nell’ambito del database di marketing, è inevitabile che i vari lead si trovino in situazioni differenti o che abbiano esigenze diverse (anche nel tempo, visto che i processi sono dinamici); l’importante è individuare i fattori differenzianti, metterli in evidenza in modo il più possibile automatizzato e – sempre automaticamente – etichettare i contatti con gli attributi che ne definiscono le peculiarità comportamentali, i temi a cui sono più interessati e la propensione all’acquisto. Etichettare e quindi attribuire un punteggio, permette di segmentare altrettanto automaticamente l’audience a fronte di qualsiasi interazione – che risulterà così più rilevante, significativa ed efficace.

Esistono ovviamente molti modi per segmentare i lead nell’ambito delle campagne email: oltre ai dati di tipo banalmente demografico, infatti, occorre stabilire in modo esatto il punto in cui ciascuno si trova nell’ambito del ciclo di vendita, differenziando ulteriormente fra loro clienti vecchi e nuovi.

Errore # 2 – Insistere sulla vendita anziché sull’educazione

Anche se l’automazione del marketing consente di effettuare molte attività propedeutiche alla vendita che prima erano demandate alla forza commerciale, specie in ambito B2B non è il dipartimento marketing che deve chiudere i contratti – dato che il suo compito è “solo” quello di preparare i prospect per passarli ai venditori. In altre parole non bisogna insistere troppo ed andare subito al sodo, ma riprendere in mano la teoria del Buyer’s Journey e ricordarsi che prima di finalizzare una transazione, bisogna che il potenziale cliente passi attraverso tre fasi distinte: la consapevolezza di un’esigenza o di un problema, la valutazione delle possibile soluzioni e quindi la decisione (detta anche conversione) che determina la scelta finale.

Dunque il nostro compito è quello di educare (o nutrire, alimentandoli con stimoli precisi per ciascuna fase) i nostri interlocutori per prepararli all’intervento dei venditori e, come abbiamo visto nel punto precedente, è la segmentazione che ci permette di adattare la comunicazione in ciascun passo del loro percorso.

Durante la prima fase (consapevolezza) bisogna riferirsi alle questioni che la nostra offerta è in grado di affrontare e l’obiettivo non è quello di convincere e tanto meno di vendere, ma quello di dimostrare la nostra expertisee la considerazione che abbiamo ottenuto da parte di esperti ed analisti nel risolvere tutta una serie di problematiche – e possiamo farlo utilizzando white paper, e-book o collegamenti ad autorevoli articoli (nostri o di terze parti) sul tema in esame.

Quando il potenziale cliente è nella situazione in cui sta considerando le varie alternative, è il momento di essere più specifici e parlare di cosa possono fare i nostri prodotti e come vanno utilizzati; ovviamente è importante focalizzarsi sulle particolari esigenze di ciascuno ed evitare di sommergere i nostri contatti con materiale poco rilevante (anche se magari è di per sé interessante). In questa fase, i contenuti audiovisivi possono essere molto efficaci nell’illustrare i punti di forza della nostra offerta.

Quando è il momento di decidere, invece, occorre fornire giustificazioni precise ed attendibili sul rapporto tra costi e benefici, sull’efficacia della soluzione e sui suoi vantaggi (non limitandosi a quelli immediati); a questo punto, sono utili strumenti come quelli che consentono di calcolare il ROI o di scegliere la configurazione più adatta e conveniente per ciascun tipo di esigenza.

Va aggiunto infine che il compito del marketing non si esaurisce con la vendita ma prosegue anche dopo, per corroborare la decisione di acquisto con ulteriori considerazioni e strumenti come questionari per aiutare i clienti ad identificare e quantificare i benefici ottenuti, oppure ulteriore materiale che spieghi come avere il meglio da ciò che si è appena comprato. Se il cliente si rende conto di aver fatto la scelta migliore, tenderà a fidelizzarsi al brand ed a costituire una buona referenza.

Errore # 3 – Sottovalutare la comunicazione interna

Una concezione tanto diffusa quanto errata, vedrebbe la Marketing Automation come qualcosa che va impostata inizialmente ma poi si prenderà cura di tutto il resto; in realtà le cose da fare sono tantissime, dato che questo strumento è in grado di coprire praticamente ogni aspetto delle attività commerciali online, gestendo l’esperienza dei contatti dal sito web aziendale fino ai Social Media, passando per la posta elettronica ed i dispositivi mobili.

In pratica occorre verificare ed analizzare i risultati di ogni azione ed effettuare continui aggiustamenti; inoltre, specie in ambito B2B, l’ampiezza e la specificità delle attività automatizzate e dei contenuti che esse sono in grado di veicolare richiedono, per un’implementazione corretta dell’automazione del marketing, una stretta collaborazione fra diversi dipartimenti aziendali – i quali devono dialogare ed interagire reciprocamente in modo attivo.

Non si tratta solo della naturale affinità tra marketing e vendite, ma anche della necessità di collegare i dati provenienti da una quantità di sorgenti che vanno dal CRM alle anagrafiche clienti gestite dall’amministrazione ed alla registrazione dei problemi che vengono affrontati dal supporto tecnico. Tutti i punti di contatto tra clienti ed azienda vanno presidiati, e le informazioni ricavate vanno analizzate per mantenere aggiornato il profilo di ciascun contatto.

Infine, per la creazione di contenuti validi così come per fidelizzare i clienti nel post-vendita, ai marketer occorre la collaborazione degli specialisti dei prodotti e di chi eroga servizi; in altri termini, l’automazione del marketing consente un dialogo più completo, rilevante e personalizzato tra l’impresa ed il suo pubblico in ambiti che superano la semplice promozione o il Lead Nurturing (di cui si parlava nel punto precedente).

Allora a cosa serve la Marketing Automation? Ad orchestrare la comunicazione tra azienda e mercato in un’ottica di processo, occupandosi dell’esecuzione materiale di una serie di compiti semplici e ripetitivi che non ha senso far eseguire alle persone.

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