Un viaggio per la Sales Transformation: La pratica della consapevolezza corporea

Un viaggio per la Sales Transformation: La pratica della consapevolezza corporea

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Il nostro viaggio è giunto alla settima tappa.

Chissà chi di voi ha desistito alle prime osservazioni, chi ha perseverato elaborando le proprie riflessioni….chi, stanco di vecchi schemi e abitudini limitanti, più pronto e desideroso di cambiamento, si è spinto fino ad intraprendere la fase della trasformazione e pratica con costanza gli allenamenti alla consapevolezza nella quotidianità.

Durante la mia vita professionale ho attraversato molte crisi, cambiamenti e trasformazioni in azienda; da qualche anno  ho un osservatorio privilegiato per le innumerevoli storie che vivo come consulente e formatrice. Sostengo con  vigore l’esplorazione dei propri stili relazionali e manageriali, l’allenamento proattivo alla flessibilità e alla resilienza al variare del contesto, dell’interlocutore, del gruppo di riferimento. Invito tutti i compagni e le compagne di viaggio ad osservare principalmente le proprie emozioni corporee  e, successivamente, spostare l’attenzione “all’altro” e “agli altri”. Esercitare la nostra capacità di “sentire” il riflesso delle emozioni nel  corpo  ci rende meno vulnerabili e con il tempo più forti delle emozioni.

Il corpo è l’unico strumento per collegarsi al presente, è sempre con noi ed è il veicolo nel viaggio della vita. Vedremo nella prossima tappa come il respiro sia un’ancora formidabile che ci radica al corpo.  Esercitarci a percepire il corpo ed abitarlo veramente, ci collega e connette alle nostre sensazioni ‘in real time’ e – vi assicuro – migliora benessere e qualità di vita. Diventiamo più consapevoli per “essere” e “agire” quello che vogliamo e quello che possiamo con autonomia e responsabilità.     

Continua la selezione assolutamente “di parte” su alcune “teorie cognitive” ed “esercizi di riflessione” sull’ascolto dei segnali del corpo. Sono solo alcune delle possibili chiavi di  lettura, come quelle già condivise nei capitoli precedenti. Perché non dimentichiamoci mai che “ il corpo non mente”.

Le nostre esperienze sono in noi e con noi: su quello che sappiamo – o spesso crediamo di sapere – definiamo la nostra “mappa del mondo”, assolutamente unica. Il nostro corpo ci parla e parla agli altri: proviamo a scoprire come per diventare più consapevoli.

Proseguendo la scoperta delle bussole che ci segnalano le emozioni nel corpo, mi piace ricordare  gli studi sulla Prossemica di E.T. Hall, una  parte della psicologia che studia le relazioni emotive nello spazio. La distanza fisica è una componente fondamentale nella comunicazione, ci protegge e ci permette di esporre emozioni e sentimenti in modo più o meno neutro. Ma non sempre abbiamo la libertà di “tenere le giuste distanze”: immaginiamo, ad esempio, la calca di una metro dove siamo in uno spazio “fisico intimo”  ma “emotivo pubblico”.  Ci sono moltissime occasioni professionali dove emozioni e sentimenti entrano in gioco perché si sovrappongono ruoli e legami emotivi che ci condizionano.

PRATICA:  ricordate esperienze passate di invasione di campo da parte di altri? Casi in cui avete sconfinato nel privato con altri? Attivate questo allenamento nel quotidiano nelle prossime settimane. Identificate qualche caso di relazioni aziendali dove le zone emotive si sovrappongono e mettetevi alla prova, ascoltate l’emergere delle diverse sensazioni durante la comunicazione. Come vi sentite quando dovete gestire un problema con un  cliente con il quale avete stretto un legame di amicizia?  Cosa vi comunica il corpo nella relazione con un collega che dopo anni da pari diventa il vostro capo?  Come potete contenere  un collaboratore troppo espansivo che fa l’amico? Esercitate la vostra sensibilità corporea ai segnali di fastidio, osservate cause ed effetti, sperimentate nuove modalità relazionali e osservate le reazioni del contesto. Imparate dal feedback.  

Un’altra lettura per me illuminante è stata l’Analisi  Transazionale di Eric Berne, che mi ha fatto dare nuovi significati al termine Adultità. Siamo sicuramente tutti adulti dal punto di vista anagrafico, ma re-agiamo con diversi stati dell’io nelle dinamiche relazionali. Secondo Berne ciascuno di noi all’avanzare degli anni assume una posizione esistenziale prevalente che diventa uno schema comportamentale e un’abitudine relazionale non sempre simmetrica. Rischiamo di recitare in modo ripetitivo  “copioni di vita” su  “parole d’ordine” che hanno concluso la loro funzione. Noi alterniamo in modo più o meno ricorrente, ma spesso inconsapevole, tre stati dell’IO: quello del Genitore, dell’Adulto e del Bambino (GAB).  Alcune frasi ricorrenti, anche in contesti professionali, sono: “Ma quanti anni hai? Su, reagisci e non fare il bambino! Non prendo ordini, ma chi ti credi di essere, mio padre? Devo sempre dirti cosa fare …! Ho sempre ragione… ! Scusa hai ragione …non lo faccio più…! Ti ho detto che la devi smettere…!” Siamo molto capaci a vederlo negli altri, a volte lo esprimiamo, ma più spesso lo pensiamo e condiziona la relazione. Capita però che ci sottraiamo alla responsabilità di vederlo in noi e allora provochiamo o ci facciamo agganciare dalle provocazioni e comunque restiamo chiusi in un vicolo cieco.

PRATICA: osservatevi da questa prospettiva. Quanti e quali comportamenti passivi e infantili avete avuto oggi? Vi siete sottomessi al vostro capo? Cosa li ha scatenati? Quanti e quali stati genitoriali e aggressivi avete reagito con un vostro collaboratore o con il collega? C’è uno schema che notate ripetitivo? Quale miccia vi fa incendiare? In quale modo e dove si esprime nel corpo? Con quale diversa tonalità di voce o gestualità? Cosa avreste potuto fare di diverso per agire con assertività e  consapevolezza? Quali risorse potete attivare per farvi rispettare e rispettare?  Sentite più agio come adulti pari che collaborano o state meglio in posizioni di difensiva e attacco?

Siamo vicini al nuovo porto e chiudo questo ciclo con un ultimo riferimento agli studi sulla Bioenergetica di Alexander Lowen e sulla CoreEnergetica di John Pierrakos.  Queste pratiche portano attenzione all’ascolto delle emozioni, sostengono l’elaborazione progressiva delle emozioni per evitare che diventino tossine emozionali che si depositano e stratificano nel corpo. Il principio alla base di queste diverse teorie è la spontaneità del processo di omeostasi: se non lo inibiamo, questo scarica le tensioni e riporta il corpo in equilibrio dopo qualunque condizione di stress. Il cambiamento è un evento giudicato stressante per la maggior parte delle persone.

PRATICA:  ogni conflitto “irrisolto”, ogni forma di reazione, ogni comportamento difensivo o aggressivo ci toglie energia. Stare su posizioni estreme (devo vincere a ogni costo, devo dimostrare che…so tutto, non so niente! Sono il più bravo, sono il meno bravo…) è faticosissimo e separa i sistemi. Provate a dare una misura sensoriale al vostro malessere nelle situazioni reattive e automatiche. Chiedete al vostro corpo come sta dopo una conversazione conflittuale. Ugualmente, date un parametro di  benessere alla vostra energia  nelle situazioni relazionali dove avete agito al meglio di come volevate e potevate! Scoprirete risorse e tesori nascosti.

Siamo arrivati alla fine di un altro ciclo! È importante imparare ad aprire e chiudere cicli…spesso teniamo aperte porte che non hanno più senso di restare aperte!

Venerdì prossimo salperemo per l’ottava tappa: la pratica del respiro consapevole.  

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